CIMA CAREGA O CIMA POSTA

Qual’è il nome della vetta più alta delle Piccole Dolomiti o, come si indicava nelle vecchie guide del Massiccio Campobrun-Posta per distinguerlo dal Massiccio Bafflan-Cometto? Cima Posta o Cima Carega? La controversia invero tutta interna al ristretto mondo degli alpinisti e del topografi, benché «sorta fin dai primordi dell’alpinismo», ancor oggi torna ogni tanto a riproporsi.

Una posizione che riteniamo definitiva è stata espressa dall’alpinista e scrittore vicentino Gianni Pieropan già nel 1958, In un articolo sulla rivista Le Alpi Venete.

«II nocciolo della questione sta nell’inversione occorsa nella collocazione dei toponimi, per cui Cima Carega è diventata Cima Posta e viceversa».

Si tratta di capire come può essere successo. Scrive Pieropan:
«Dobbiamo riandare ai tempi in cui alpinismo è parola ed attività ignota. L’alpigiano, per quel che può trame in ragione di quanto lo medesima avaramente gli concede, guarda alla montagna con intenzioni puramente venali. Gli servono soltanto i pascoli, anche i più magri, fin dove le sue greggi possono arrivare a brucore gli ultimi rinsecchiti ciuffi. Più oltre è la roccia, pelata e per nulla redditizia: non gl’interessa. E si fissano confini, si legalizzano con nitide mappe: queste abbiamo esaminato, risalenti a prima del 1800. Ecco lo gran conca che prendendo avvio dalla cresta displuviale del Gruppo tra Cima Carega e Cima Posta, cala morbidamente in direzione dell’alta Val di Ronchi, protetta dai dossi della Costa Media, fino ad interrompersi sull’orlo dei precipizi che oggi si risalgono pel Vajo del Camin (vajo attrezzato e percorribile all’epoca in cui Pieropan scriveva queste note, ora abbandonato e non più praticabile). Ed ecco la rustica malga, il luogo di radunata degli armenti, la “posta”. Di qui le greggi possono pascolare fino a quella sommità verdeggiante che dalla “posta” appare lo più alta per essere lo sola visibile: la cima della posta. I limiti di pascolo si attestano su quest’ultima, esattamente come adesso, e come adesso viene chiamata Cima di Posta; a meridione è il sasso nudo e crudo, ma vi sorge un’altra cresta, di ogni altra più alta: vi si pone un segno, null’altro. Di là, dal Campobrun, dalle valli del Leno, del Lèogra, dell’Agno, di Revolto, la chiamano Carega».

Le prime rudimentali carte vengono tratte integralmente dalla mappa e ad essa si rifanno anche gli operatori della prima magnifica carta degna di tale nome: quella del Regno Lombardo-Veneto pubblicata nel 1838 dall’I.R. Stato Maggiore. Cima di Posta rimane al suo posto, sola ad essere menzionata, ma il disegno ed il colore rivelano con ammirevole perfezione, lo presenza a sud-est di una vetta più cospicua, inconfondibile nei tratti del disegno: la Carega».

Il medesimo schema, Cima Posta a nord-ovest, con tanto di nome e quota, e dall’altra parte della conca, nitidamente disegnata, ma senza nome, Cima Carega, si ripropone nelle due carte della provincia di Vicenza, edite rispettivamente nel 1873 e nel 1888.

A questo punto i topografi austriaci, consapevolmente come sosterrà Meneghello, involontariamente come sembra credere Pieropan, commettono l’errore.
«Nel frattempo i mappatori austriaci, nel rifacimento delle carte conseguente ai nuovi confini di Stato stabilitisi nel 1866, (il Veneto era passato al Regno d’Italia con la pace di Vienna) si sono imbattuti nella cima più alta della Posta e, equivocando sulle notizie che loro possono essere fornite ora dal versante trentino soltanto e da quello più comodo della Val dei Ronchi in particolare che scorge unicamente la Posta, regalano quest’ultimo toponimo alla Carega e così il primo guaio è combinato. Ma ecco necessariamente saltar fuori l’altro toponimo fin’allora mai apparso ma che, dal Campobrun rimasto ugualmente territorio austriaco, s’impone imperiosamente. Ed allora si pone riparo al guaio già fatto combinando il secondo e cioè ponendo quel Cima Carega accanto alla sommità della Posta rimasta desolatamente vuota dopo il precedente ed inopinato trasferimento».

Nel 1924 Francesco Meneghello, anima dell’alpinismo vicentino tra le due guerre, compie un’accurata indagine circa la causa d’inversione dei due toponimi e conclude alla fine che
«… l’origine degli errori deve ricercarsi nei mappatori austriaci che confusero volutamente l’una cima con l’altra poiché alla Carega, che era un osservatorio magnifico e la cui vetta poteva facilmente essere rivendicata appartenendo alle acque del Veronese, si fingeva di non attribuire alcuna importanza militare, facendola apparire sovrastata dalla Posta. Detti rilievi furono nelle nostre tavole pecorilmente riportati, non per ignoranza dei topografi militari, ma per le direttive d’una superiore dabbenaggine»

Veduta delle cime attorno alla Conca di malga Posta dal rifugio Fraccaroli

Pur preferendo la propria interpretazione, Pieropan definisce questa ipotesi
«suggestiva e, dal punto di vista strategico-militare, avente buon fondamento», soprattutto se si considera la necessità per gli austriaci di «premunirsi da un’eventuale rivendicazione di confini da parte italiana, giacché Cima Carega si eleva esattamente sullo spartiacque veneto-trentino e così spostandola a Cima Posta, le si toglieva ogni importanza strategica, svuotando a priori ogni possibile contestazione».

La ripetizione dell’errore d’inversione dei toponimi, pedissequamente riportata sulle tovolette IGM di quel tempo, è quindi per Pieropan
« … ipotesi abbastanza accettabile qualora si tenga presente lo condizione dell’ltalia in seno alla Triplice Alleanza». Egli fa infatti notare come la successiva « … cartografia IGM in uso durante la Grande Guerra e negli anni tra le due guerre ponga i toponimi al posto che realmente loro spetta evidentemente perché talune remore più non sussistevano».

Il resto e storia recente. Sulla base delle considerazioni precedenti si poteva.
« … presumere o quanto meno sperare – concludeva Pieropan che con lo pubblicazione delle nuove tavolette avvenuta nel 1959, con successivo aggionamento, al 1969, l’IGM avrebbe finalmente chiusa lo secolare controversia. Purtroppo nè invece sortito un compromesso lo cui incongruenza ha semmai complicato ulteriormente le cose. Infatti, lo vecchia tavoletta Monte Obante, che comprendeva la ben più alta ed importante Cima Carega, ha bensì assunto il nome di Gruppo del Carega ma … il lettore vi cercherebbe invano una cima con tale nome. ” suo legittimo posto viene regolarmente usurpato da Cima di Posta mentre quest’ultima, beninteso quella vera, risulta letteralmente cancellata dall’anagrafe, restandone la sola quota altimetrica. Altrettanto è avvenuto, naturalmente, nel foglio Valdagno della Carta d’Italia in scala 1:50.000 edito nel 1972 dallo stesso IGM, mentre, al contrario, risultano costantemente esatte le indicazioni fornite dalle pubblicazioni del TCI».

Una conferma ante litteram delle conclusioni cui è giunto Pieropan è stata rintracciata, nel corso delle ricerche bibliografiche condotte per la presente pubblicazione, nella relazione d’un viaggio compiuto dall’alpinista austriaco Julius Pock attraverso i gruppi montuosi del Cornetto-Baffelàn e Campobrun-Posta.
Pubblicata su Turist, rivista dell’Osterreichischer Alpenverein di Vienna e ripresa nel 1888 sulla Rivista Mensile del CAI, vi si può infatti leggere:
«E’ errato, seguendo la Carta Austriaca, affermare che la più importante elevazione della Valle dei Ronchi sia la Cima di Posta, in quanto il punto più elevato del massiccio non è quello, posto su un contrafforte secondario, segnato nella carta stessa col nome di Cima di Posta e con lo quota di m 2189; ma bensì l’altro, ad est di quello, indicato col nome di Cima Carega e con lo quota di m 2130, cifra inferiore al vero d’un centinaio di metri. Questo punto è d’importanza ben maggiore, essendo il nodo delle diramazioni situate, ad ovest della catena principale, fra le valli del Leno, dell’Adige e di Illasi; gli alpinisti, per la sua posizione dominante, gli danno il nome del Gruppo, cioè di Cima Posta (anziché quello di Carega, che è uno dei tanti nomi locali); la citata Guida di Recoaro gli assegna l’altitudine di m 2235, misura dedotta col barometro e di certo vicinissima al vero».

La relazione di Pock cita evidentemente la Guida Alpina di Recoaro, edita dalla Sezione di Vicenza del CAI, la quale in vero sul punto controverso rimane nell’ambiguità o meglio, come dirà Pieropan,
« … si mantiene nel compromesso … (dandoci) in tal modo la Posta e la Carega assieme, ma con quest’ultima fra parentesi, quasi per scusarsi dell’ardire».

Appaiono qui, forse per la prima volta, i complici involontari dei topografi-mappatori: quegli alpinisti che per la posizione dominante del monte gli attribuiscono il nome del massiccio, cioè di Cima Posta anziché quello di Carega.
L’argomentazione, curiosa e di per sé discutibile, viene più volte ripresa dalle guide che compaiono in un breve volgere di anni. A partire dal primo volume della Guida del Trentino di Ottone Brentari (1890) che ribadisce la sua scelta a favore del toponimo di Cima Posta, invocando «l’uso ormai accettato dagli alpinisti».

Ancora più perentorio il volumetto pubblicato dalla Sezione di Verona del CAI in occasione del Congresso Nazionale che si svolge nel settembre 1909 nella città scaligera, che così sintetizza e risolve tutta la questione:
«A sentir molti parrebbe che la punta più elevata dovesse chiamarsi Carega, e che la vera Posta fosse un’altra, poco più bassa, a nord-ovest, lo quale domina lo malga trentina detta appunto della Posta, da cui avrebbe preso il nome … Ormai però tra gli alpinisti e gli scrittori di cose alpine è fermo l’uso di dare il nome di Posta alla vetta più alta: e tanto basti!».

La Guida storico-alpina di Valdagno, Recoaro, Schio ed Arsiero, pubblicata nel 1898 dalla Sezione di Schio significativamente concludeva:
«I pastori del luogo chiamano Carega la cima più alta, che però nell’uso alpinistico è chiamata Cima di Posta».
Forse perché, verrebbe da dire, nell’andare per i loro monti i Pastori non hanno bisogno di leggere le carte del topografi o le relazioni degli alpinisti».

CIMA CAREGA O CIMA POSTA