Circoscrivendo a occidente l’alto bacino dell’Agno, e determinando il successivo formarsi di quello del Chiampo, la Catena delle Tre Croci assolve l’importante ruolo di poderosa spalla originata dal nucleo centrale delle Piccole Dolomiti, dirigendo a sud-est la sua lineare ossatura fatta di strutture assai robuste.
Il punto di saldatura col Gruppo della Carega è costituito dal Passo delle Tre Croci , attualmente, ma altrettanto erroneamente conosciuto come Passo della Lora: deriva da esso e dall’omonima sovrastante sommità la definizione adottata per l’intero sistema. Esso presenta quasi subito, dopo l’ardito Sasso de le Molesse e la cennata Cima Tre Croci, la gagliarda mole di M. Zèvola 1976 m, che ne costituisce la massima elevazione. Oltre il successivo profondo intaglio del Passo Rìstele 1641 m, s’incontra il cospicuo nodo di M. Gramolòn 1814 m, dal quale trae origine il poderoso contrafforte di M. Laghetto, M. Porto e M. Telegrafo che, dirigendosi a meridione e dilatandosi in ultimo nell’Altopiano di Campofontana, circuisce da ovest la testata di Val Chiampo.
Sull’opposto lato assolve questo compito l’asse principale della Catena, poggiante successivamente su Cima del Mèsole, Cima Campodavanti, M. Campetto e Cima Marana: quest’ultima scoscende su tre lati, segnando netto il distacco fra la montagna e la collina.
Le maggiori attrattive alpinistiche e paesaggistiche sono prerogativa del versante recoarese, dove la Catena presenta interessanti formazioni rocciose, quali in particolare il cennato Sasso de le Molesse, la Bella Lasta, il Campodavanti e il Sassolongo del Campetto, che offrono all’arrampicatore notevoli possibilità.
L’interesse estetico inoltre si avvalora del fatto che il sistema, anziché immergersi direttamente nella valle dell’Agno di Lora, si ammorbidisce nel suggestivo gradino pascolivo rappresentato dal piccolo Altopiano delle Montagnole.
Linee più uniformi presenta invece il versante occidentale, con pendici mugose o ricoperte di bosco ceduo.
Sul versante della valle dell’Agno del monte Campetto è stata ricavata una pista da sci.
Inoltre cella parte più a meridione della Catena è molto praticato il parapendio.
Rifugio Bertagnoli alla Piatta
Rifugio Cesare Battisti alla Gazza
Rifugio Monte Falcone
Bivacco a Cima Marana
Il Passo è conosciuto anche come “della Lora”, E’ il punto di incontro e di confine delle province di Vicenza, Verona e Trento. Sembra il nome derivi dalla presenza di tre croci al valico. Nei pressi esistono tracce di trinceramenti della grande guerra, e i ruderi di un antico ricovero dei finanzieri ai tempi im cui passava il confine tra regno d’Italia e Impero austro-Ungarico.
ARCHEOLOGICAMENTE
Il sito di Bastio al Campetto era già noto nel XIX secolo: le leggende locali parlavano di un “idolo d’oro” che vi era sepolto; il Bologna che lo visitò nel 1858, segnalò la presenza di tre aperture al cui interno trovò monete romane e “frammenti di urne”. Tra il 1976 e il 1978 una serie di saggi di scavo individuò diverse fasi di frequentazione : una riferibile all’età del bronzo II millenio a.C., un’altra ad età tardo romana IV sec d.C., alcuni manufatti databili ad età longobarda VI-VIII d.C, altri ad età medioevale XII-XIII sec d.C.
tra il 2003-2005 si sono susseguite segnalazioni di strutture murarie e nuovi rinvenimenti, provenienti si dall’area del Basto sia dalla zona di Cima Marana.
IL VITELLO D'ORO
La credenza di tesori nascosti o dimenticati in tempi remoti è assai diffusa nella terra del Chiampo. Una di queste leggende parla di un Vitello d'oro di cima Marana.
Nel luogo detto Sella del Campetto (1548 m), fra cima Marana e il monte Elbele, verso la Cengia bianca, una legione romana aveva stabilito un importante presidio militare. Cima Marana infatti rappresenta un ottimo punto strategico in quanto domina le due valli del Chiampo e dell'Agno e permette l'osservazione di tutta la pianura vicentina e di buona parte di quella scaligera con la stessa città di Verona e il lato meridionale del Lago di Garda. Si narra che poco prima del 100 a.C., durante una battaglia per arrestare l'invasione dei Teutoni in Italia, i soldati romani si piazzarono alla Sella del Campetto senza poter proseguire per la forte ed insidiosa guerriglia. A scopo propiziatorio, i legionari si fecero inviare da Roma un Vitello d'oro sulla cui protezione facevano sicuro affidamento. L'aureo, ricchissimo feticcio non riuscì però a propiziarsi il fato. Un improvviso e forte attacco dei barbari li schiacciò, distruggendo inesorabilmente il campo romano. Poco prima della battaglia finale il Vitello d'oro venne segretamente occultato e più nessuno lo ritrovò. Non lo carpirono i vittoriosi Teutoni, che affannosamente lo cercarono accompagnandosi nelle perlustrazioni con i loro potenti canti arcani. Non lo ritrovarono neanche i Goti e i Longobardi che in seguito ripresero il dominio di quel luogo.
Quando, alla fine del II secolo d.C., anche nella Valle del Chiampo arrivò la nuova religione portata da san Prosdocimo, la gente delle montagne cominciò a dire che il sacro idolo era passato nelle mani del diavolo. E chiunque si fosse azzardato a recuperarlo avrebbe improvvisamente perso conoscenza e sarebbe precipitato fra le rupi.
Molti anni fa, forse in epoca medioevale, venne organizzata una grossa battuta per la ricerca dell'aureo Vitello; ma non appena iniziarono gli scavi, il guardingo spirito delle tenebre provocò lo scatenamento di una violenta e copiosa grandinata mai vista prima. La squadra dovette squagliarsela, abbandonando anche l'idea di nuove eventuali future ricerche.
Secondo un'arcana credenza, il diavolo ogni cento anni ritorna ad ispezionare quel Vitello d'oro, lo esamina e lo espone al sole. Fino a qualche tempo fa questa convinzione era talmente radicata nella popolazione, al punto che molti valligiani assicuravano di aver visto sulle scoscese rocce del Marana brillare sotto i raggi del sole il mitico idolo.
Tracce circa la presenza romana su questa montagna si trovano su alcuni scritti storici. Padre Gaetano Maccà nel suo libro datato 1813 annota che "…siavisi stato ne' vetusti tempi qualche tempio d'idoli…e medaglie antiche Romane di metallo…" Alcune ricerche eseguite per iniziativa dell'erudito parroco di Fongara sul finire del secolo scorso, durante le quali pur non ritrovando il Vitello d'oro portarono alla scoperta di varie monete e di urne cinerarie romane, confermano la veridicità di questa antichissima e radicata credenza. Fonte Wiki